Da Roma è pervenuta alla redazione la lettera aperta e introspettiva che segue del poeta e scrittore Alfredo Bianchi Scalzi, nativo di Genova, legatissimo alla nostra splendida Liguria. Chi lo desideri, può rispondere e manifestare liberamente il proprio pensiero su di un tema dibattuto da secoli e sempre attuale, sollecitato di continuo dalle realtà apprese, viste, vissute ogni giorno. L’autore, di fede cattolica e praticante, è consapevole dei limiti e delle fragilità umane, dei dubbi e interrogativi che assillano e disorientano. I lettori credenti, agnostici, laici, scettici, pessimisti o inclini alla speranza possono dar voce alla loro mente che ha il potere di far sentire vivi donne e uomini…
Nord della Striscia di Gaza, 19 gennaio (REUTERS/Khalil Ramzi)
…Dio e il problema del male
Anni fa, una utente Facebook, mostrò la foto di un ragazzino quattordicenne massacrato dal patrigno per aver difeso da uno stupro la sorellina di sei anni. La foto era corredata dalla domanda “Dio dov’era?”. L’interrogativo del perché nel mondo vi siano dolore, violenza, ingiustizia, sostanzialmente il Male, inquieta da sempre l’animo umano e i tentativi di risposta sono purtroppo blandi e insoddisfacenti. Ci stanno provando da millenni, teologi, filosofi, scienziati, intellettuali credenti o atei, ognuno con le sue architetture mentali, supposizioni, suggestioni, speranze e scetticismi, ognuno con sue personali spiegazioni che in realtà non dimostrano nulla. Se, infatti, si fosse raggiunta una unanimità di pareri e di convinzioni, saremmo tutti appagati e forse di tali questioni metafisiche nessuno sentirebbe piú il bisogno di parlare. Invece siamo sempre qui a scervellarci in ipotetiche congetture. Forse noi stessi qualche volta, in momenti di sofferenza personale, abbiamo implorato “Signore, ci sei? Signore, ascolti la mia preghiera?”. E anche di fronte a drammi mondiali, sia quelli di origine naturale come terremoti, alluvioni, carestie, epidemie, sia quelli provocati da comportamenti umani come guerre, distruzioni, iniquità, prevaricazioni abbiamo domandato “Ma Dio dov’è? Perché permette tutto questo? Perché non interviene a soccorrere e correggere questa nostra umanità stolta e sofferente come, stando alla Bibbia, fece nel lontano passato per liberare dalla schiavitú il popolo d’Israele?”. Nell’affrontare questo arduo problema, mi sembra doveroso separare i malanni derivanti da cause esterne da quelli che ci procuriamo da soli, sia individualmente sia come umanità nel suo complesso.
Il ruolo di Dio di fronte alle catastrofi
Riguardo ai primi, è logico interrogarsi se essi dipendano dalla cecità del caso, da una Natura “matrigna” o addirittura da un castigo divino come fu per la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra narrata nell’Antico Testamento. Se siamo atei, non possiamo che accettare passivamente e senza inutili imprecazioni ciò che ci accade e che sfugge al nostro potere. Tutt’al piú possiamo tentare, ove possibile, di limitarne i danni. Da credenti, invece, siamo legittimati a chiedere il perché di quella che ci sembra una indifferenza o una punizione di Dio. Ma siamo proprio certi che quel Dio in cui affermiamo di credere sia un Essere remoto e insensibile ai nostri problemi? Non sarà forse che Egli, restando nell’ombra, ci ha invece risparmiato guai peggiori e inimmaginabili? Per quanto ne sappiamo, la nostra Terra (un bruscolo nell’immensità dell’universo) e l’intera umanità di cui siamo parte avrebbero potuto già da tempo essere riassorbite nel cosmo o disintegrate in una nebbia nucleare. E siamo altrettanto certi che Colui che ci ha creati e che chiamiamo “Padre” possa, in nome di un superiore spirito di giustizia, infliggerci punizioni terribili a causa dei nostri peccati? Con tutto il rispetto per il sopra citato episodio biblico, preferisco immaginarmi un Dio buono e premuroso, nella cui bilancia la misericordia pesi infinitamente piú di una qualunque sia pur meritata sanzione. Un Dio, insomma, con le braccia spalancate come quelle di suo Figlio in croce. E mi conforta il convincimento del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar che l’inferno esiste ma è vuoto.
Kfar Azza, 10 ottobre (AP Photo/Ohad Zwigenberg)
Scienza, fede e il mistero dell’origine
È però necessaria una ulteriore domanda che debbo porre onestamente a me stesso: sono proprio certo di essere un “credente” secondo la formula apostolica che recito a pappagallo in chiesa durante la messa? Credente in un Dio che esiste da sempre, che ha creato tutto ma che io non vedo e di cui ignoro sia il volto sia la voce? Facciamo un passo indietro. Il problema dell’origine del mondo – disse nel Settecento il matematico francese Jules-Henri Poincaré – “ha in ogni tempo preoccupato tutti gli uomini che riflettono: è impossibile contemplare lo spettacolo del cielo stellato senza domandarsi come esso si sia formato”. Parole in cui riecheggia anche il concetto espresso dal grande filosofo tedesco Immanuel Kant “due cose mi colpiscono altamente, il cielo stellato fuori di me, la legge morale dentro di me”. Sulla stessa linea, il contemporaneo scienziato siciliano Antonino Zichichi ha affermato essere piú logico credere in Dio che nel nulla ed anche la fisica Fabiola Gianotti direttrice del Cern di Ginevra, ad una precisa domanda postole tempo fa dalla conduttrice di Otto e mezzo Lilli Gruber, ha risposto senza esitazione “Sì, io credo”. L’elenco delle posizioni analoghe è lunghissimo, dall’antichità fino ai nostri giorni, e un recente sondaggio fra gli scienziati italiani ha rivelato con sorpresa che circa il 60% di loro è credente, il 23% è agnostico, cioè neutrale fra l’una o l’altra posizione, e solo il 20% si è dichiarato apertamente ateo, cioè convinto della inesistenza di un Essere soprannaturale. Io nel mio piccolo, pur afflitto da persistenti dubbi e insidie razionalistiche, mi sforzo di essere credente perché il mio limitato cervello, che non è quello né di un teologo né di uno scienziato, non arriva a concepire come il “tutto” possa esistere senza un inizio esterno allo spazio e al tempo, in modo indipendente dalle leggi che governano la nostra materia. Ogni scala necessita di un primo gradino, un punto di partenza, e questo punto per me non può che essere Dio.
Libertà umana e responsabilità
Meno complicato, si fa per dire, mi sembra l’approccio riguardante i guasti del secondo tipo, quelli che sono il frutto di scelte comportamentali umane. Qui non vedo come poterci sottrarre alla nostra responsabilità per l’uso che facciamo della libertà, sia pur relativa, di cui siamo dotati, a prescindere dal fatto che essa provenga dalla natura o da un dono celeste. Quel Dio onnipotente, che nella mia balbettante Fede pongo all’origine del progetto creativo, avrebbe potuto benissimo lasciarci nel nulla di una eterna inesistenza, oppure plasmare dei robot, dei soldatini ammaestrati e inquadrati a suo piacimento. Invece Egli, mosso da un libero atto d’amore (come il dono del Figlio incarnato e il sacrificio della croce in perdono dei nostri peccati), ha scelto di circondarsi di esseri pensanti in grado di scegliere il bello o il brutto, il buono o il cattivo, il bene o il male. Liberi addirittura di accogliere Lui o di rifiutarlo. Anche questa, ovviamente, è una posizione dogmatico- religiosa che, in quanto apodittica, ognuno può condividere o no. Io stesso, nel formularla, tentenno e sono costretto a battagliare con la mia razionalità. Tuttavia, alla domanda se esista o meno un punto fermo e origine di tutto, sia esso chiamato Dio o Geova o Allah, non mi pare saggio rispondere con una superficiale e sbrigativa scrollata di spalle come se tale problema fosse solo una inutile esercitazione accademica e non riguardasse invece le radici della nostra vita. Né mi pare ragionevole di fronte a disumane atrocità come, tra le piú recenti, quelle compiute dai nazisti nel secolo scorso, chiedere maliziosamente dove fosse Dio in quei momenti. Usciamo dall’ipocrisia: se non si crede alla sua esistenza, è contro logica e soltanto provocatorio imputargli la colpa dei nostri guai. Non si sfugge: siamo di nuovo alle prese con un problema di Fede, carisma che, almeno secondo la religione cristiana, è anch’esso un dono della provvidenza divina ma richiede un atteggiamento di apertura da parte nostra. Non a tutti è concessa una conversione istantanea come quella di Paolo di Tarso folgorato sulla via di Damasco.
Alfredo Bianchi Scalzi
Alfredo Bianchi Scalzi è nato nel 1938 a Genova, città che dovette abbandonare ancor bambino a causa delle vicende belliche; in seguito la sua famiglia si trasferì a Roma, dove egli attualmente vive. In poesia ha pubblicato le raccolte Aghi di pino (Villar Editore, Roma 1967), Questa nostra creta antica (Seledizioni, Bologna 1974), Orme d’acqua (Maremmi Editori, Firenze 2003). Ha collaborato al periodico “Voce romana” diretto da Giorgio Carpaneto e alle riviste “E’ Tempo di Cultura” e “Spazio Oltre”.
Prof.ssa Marisa Vigo
Prof.ssa MARISA VIGO nasce e risiede alla Spezia, frequenta il Liceo classico Lorenzo Costa, si laurea nel 1971 in Lettere classiche all’Università di Pisa con una tesi in epigrafia greca, discussa con l’esimio prof. Giuseppe Nenci, ordinario di Storia greca e romana, poi titolare della cattedra di Storia greca alla Scuola Normale. Avvia la sua carriera di docente nelle scuole medie superiori, ricoprendo per anni la funzione di vicepreside e poi di preside. Come docente sostiene e inaugura una progettualità che unisce conoscenze e competenze, mettendo in contatto gli studenti con le attività produttive del territorio e la sua storia. Prepara convegni e corsi di aggiornamento per docenti, programma l’alternanza scuola-lavoro, riceve l’approvazione della Regione Liguria al corso post-diploma che consente occupazione a un numero selezionato di giovani meritevoli. Consigliere Comunale nel 1993 nella lista civica Democrazia e Solidarietà del dott. Renzo Tonelli, fondatore del Centro Vita per la prevenzione e la cura dei tumori. Dal 2013 – 2024: per tre anni giurata e per nove presidente di giuria del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana. Critica letteraria, redige prefazioni e recensioni a opere di poesia, narrativa e saggistica.
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