Propongo una riflessione sull’ispirazione poetica partendo da un testo di Alda Merini, con il suo celebre verso Mi piace il verbo sentire.
“Le virgole sono importanti,
tutta la punteggiatura lo è.
Come il destino,
quando capiti nel posto sbagliato,
nel momento meno opportuno
e tutto cambia.
Poi c’è un verbo, sentire,
dai mille significati…
Mi piace il verbo sentire,
sentire il rumore del mare,
sentirne l’odore,
sentire il suono della pioggia
che ti bagna le labbra,
sentire una penna
che traccia sentimenti su un foglio bianco,
sentire l’odore di chi ami,
sentirne la voce
e sentirlo col cuore.
Sentire è il verbo delle emozioni,
ci si sdraia sulla schiena del mondo
e si sente.
Da quale fonte inesauribile può attingere ispirazione il poeta? Sicuramente la più attendibile, quella che assicura verità e profondità alla poesia: la propria anima che attraverso il sentire comunica con il mondo esterno, cogliendone con intensità la bellezza, l’unicità, la forza ed ogni altra caratteristica. Emerge quindi la necessità della sensibilità poetica, nell’accezione latina di sentio habilitas, la capacità di sentire, con i sensi e con l’anima appunto, e quindi di provare insieme sensazioni ed emozioni che suggeriscono, dettano al poeta le parole: proprio quel sentire una penna che traccia sentimenti.

La poetessa Alda Merini ne era sicuramente dotata, anche se le sue capacità spesso non vennero comprese; anzi, la sua inquietudine le procurò addirittura la reclusione in manicomio. Lei stessa racconta:
«Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò, e morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio. Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire. Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso in quanto mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica ad uscire». Da L’altra verità. Diario di una diversa
Era sicuramente capitata nel posto sbagliato e nel momento meno opportuno, come scrive nella poesia; purtroppo avvenne altre volte. Si potrebbe dire che la sua storia contiene la storia e l’evoluzione delle cure psichiatriche in Italia, ma Alda Merini non abbandonò la scrittura e la poesia, suoi punti di forza, riuscendo ad esprimere sempre gli stati d’animo e le condizioni più tragiche, ma anche sentimenti profondi, in particolare l’amore per la vita e la delicata percezione di ogni cosa esistente, la sua particolare e dolente connessione con l’Universo.

Alda Giuseppina Angela Merini, questo il suo nome, era nata il 21 marzo del 1931 a Milano. La sua infanzia è segnata da un rapporto conflittuale con la madre, incapace di gestire il carattere malinconico e inquieto della figlia e preoccupata per la sua fame di conoscenza (erano i tempi in cui alle donne si chiedeva di diventare mogli e madri e nulla più) e dalla sintonia intellettuale con il padre, discendente di una famiglia nobile comasca e avido lettore. La giovanissima Alda affronta molte difficili vicende personali, compreso lo sfollamento a Vercelli per tre anni, dopo un bombardamento durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nel 1947, quando Alda ha 16 anni, si affacciano prepotenti le prime ombre della sua mente (come scrisse Maria Corti) e viene internata per un mese nella clinica Villa Turro a Milano, dove le viene diagnosticato un disturbo bipolare. Le fasi più critiche della malattia porteranno altri ricoveri, tra cui quello lunghissimo nell’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini dal 1964 fino al 1972. Alda Merini nel 1953 aveva sposato Ettore Carniti e dal matrimonio sono nate quattro figlie, Emanuela, Flavia, Barbara e Simona. Le figlie le furono strappate e affidate ad altre famiglie. “La maternità è una sofferenza, una gioia molto sofferta. Da un amante ci si può staccare, ma da un figlio non riesci”
Nel 1984 si trasferì a Taranto con il marito Michele Pierri, medico e poeta, e concluse la stesura del Diario di una diversa ; seguirono negli anni ‘90 altre opere autobiografiche, scritte in prosa e in versi, corredate anche da interviste. Nel 2004 alcune poesie della Merini vengono musicate da Giovanni Nuti e cantate da Milva ( Ascolta Milva canta Merini). Colpita da un sarcoma, Alda Merini è morta il primo novembre del 2009. È sepolta nella cripta del Famedio del Cimitero Monumentale di Milano.
Daniela Feltrinelli, nata e residente alla Spezia, poetessa, è stata insegnante della scuola primaria. Ha pubblicato due sillogi poetiche: Isole vicine, ed. Agorà&co 2018 e L’incanto dell’onda, ed. Helicon 2020. E’ iscritta a diversi circoli culturali e partecipa attivamente a reading e concorsi letterari. Considera la scrittura un potente mezzo di introspezione psicologica e di comunicazione interpersonale. E’ particolarmente sensibile ai temi dell’educazione, dell’ambiente e dei diritti umani. Ritiene la scrittura il luogo più idoneo e sicuro ove riporre idee, sentimenti ed emozioni.
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In copertina acquerello della pittrice Mitti Piantanida che ritrae il ponte dedicato a Alda Merini sul Naviglio Grande