Venerdì 28 febbraio alle ore 17,30, presso il Centro Culturale Fantoni di Galleria Adamello, si terrà la presentazione dell’ultimo libro “Sessant’anni dopo” di Roberto Quber. Per questa ulteriore tappa del tour promozionale, Quber ha chiesto al Prof.re Roberto Centi e al sottoscritto di dialogare con lui in un incontro che si preannuncia ricco di spunti di riflessione. Il libro, pubblicato alla fine del 2024, ha già riscosso un discreto successo, non solo per il valore documentario, ma anche per i dibattiti che ha saputo generare sui temi affrontati.
Vorrei iniziare parlando di lui, del nostro rapporto e di come l’ho conosciuto. Roberto Quber mi era noto in città già dai tempi del liceo classico, per la sua attività politica studentesca negli anni ’70, un’epoca di grandi fermenti culturali e sociali. Pur conoscendolo di nome, ho avuto modo di entrare in contatto diretto con lui solo durante gli anni universitari: lui studiava Giurisprudenza a Pisa, io mi iscrissi qualche anno dopo. Da allora, ho seguito con ammirazione il suo percorso. Tra i pochi della sua generazione, si laureò in corso e con ottimi voti, cosa piuttosto rara in quell’ateneo mentre molti studenti spezzini sceglievano di completare gli studi a Parma o Genova.
Dopo la laurea, Quber si distinse subito, lavorando in uno studio legale e superando rapidamente l’esame da procuratore. Parallelamente, assunse la carica di segretario provinciale della UIL Spezia e si impegnò attivamente nel Partito Socialista, emergendo come una delle giovani promesse del panorama politico locale. Una delle tappe più discusse della sua carriera fu il passaggio da segretario della UIL a direttore del personale di Intermarine: una scelta che attirò critiche, poiché il passaggio da sindacalista a dirigente aziendale era considerato incoerente.
Per molti anni l’ho perso di vista, ma sapevo che la sua carriera politica procedeva a gonfie vele. Il Partito Socialista, allora dominante in città, esprimeva sindaci come Montefiori e Burrafatto e parlamentari come Mariotti e Pischedda, e Quber fu nominato assessore al bilancio del Comune della Spezia e membro del consiglio di amministrazione della Cassa di Risparmio della Spezia. Appassionato di calcio, trasmetteva radiocronache delle partite dello Spezia per una radio locale. Anni dopo, ho scoperto che la sua carriera manageriale era proseguita in aziende di rilievo come nella Parmalat post Tanzi, e che aveva lavorato anche in Spagna.
Oggi, Roberto Quber è un avvocato specializzato in diritto del lavoro, felicemente sposato e padre di due figli. Mi ha sorpreso quando, qualche anno fa, ha deciso di intraprendere la carriera di scrittore, pubblicando tre libri in pochi anni. Il primo, Un Orologio Zenith del 1956, è un racconto autobiografico (nonostante i nomi fittizi) che ripercorre la sua infanzia, la sua maturità, le sue vicende coniugali nonché il suo percorso politico e professionale offrendo ai lettori uno spaccato della Spezia nei decenni di fine secolo scorso e di quello attuale.
Il secondo libro, L’Omicidio di Via del Poggio, è una ricostruzione dettagliata di un delitto avvenuto durante il ventennio fascista, affrontato con rigore storico e grande sensibilità. Ora, con Sessant’anni dopo, Quber torna nei suoi luoghi giovanili, raccontando la vita quotidiana di un tempo, in particolare nel suo quartiere natio, la Chiappa e soffermandosi sulle persone che popolavano quei luoghi: negozi, bar, circoli, sezioni di partito ecc. In una sorta di viaggio nel tempo, confronta quei ricordi con la realtà odierna, descrivendo ciò che è cambiato e ciò che è rimasto, senza nostalgia ma con una chiara volontà di testimonianza.
Pur non essendo originario del suo quartiere, ho trovato molte affinità tra i suoi ricordi e i miei legati al Canaletto: cambiano i nomi e le persone, ma la Spezia dei quartieri periferici aveva una sua identità ben riconoscibile, un luogo in cui “andare in centro” significava “andare in città”.
Nel libro, Quber si sofferma anche sulla Spezia degli anni 2020, lasciando emergere la sua anima politica e affrontando temi ancora attuali. Parla dell’ospedale del Felettino, dei subappalti utilizzati dalle grandi aziende per evitare assunzioni dirette e limitare i diritti dei lavoratori in realtà come Oto Melara, il Comune e Acam. Dalla sua esperienza nel CdA della Cassa di Risparmio spezzina (oggi assorbita in Crédit Agricole), ricorda alcune operazioni finanziarie discutibili che misero a rischio la stabilità dell’istituto. Ampio spazio è dedicato anche all’amianto, evidenziando la sua diffusione in cantieri navali, centrali elettriche, Arsenale, scuole e persino locomotive ferroviarie.
In Sessant’anni dopo c’è tanta Spezia: quella che è stata, quella che è e quella che sarà. Quber non ha mai smesso di osservarla e spesso, sul suo profilo social, non manca di esprimere giudizi taglienti su ciò che accade in città.
Ah, dimenticavo: Roberto Quber ha un grosso difetto… è juventino! Ma nessuno è perfetto.
By Giuseppe Rudisi
(Riproduzione riservata)
Leggi qui l’articolo di Spezia Mirror sull’ultima presentazione del libro.