Ven 25 Apr 2025
Portoro, l’oro di Portovenere: una conferenza per riscoprire un tesoro del territorio

Su iniziativa del Comune di Portovenere, si è tenuta oggi pomeriggio nella Sala Mantero una conferenza dedicata a uno dei materiali più pregiati e identitari della costa occidentale spezzina: il Portoro. L’evento, dal titolo “Portoro, l’oro di Portovenere”, ha visto la partecipazione dell’Assessore alla Cultura Riccardo Balzarotti, che ha introdotto i lavori, e del dottor Simone Ballestracci, geologo e guida turistica, nonché profondo conoscitore di questa pietra unica al mondo, avendola studiata a fondo nella sua tesi di laurea.

Un marmo pregiato e affascinante

Ass.re Roberto Balzarotti

Il Portoro, noto anche come marmo di Portovenere, è una varietà di marmo policromo che si distingue per il suo fondo nero intenso e brillante attraversato da venature dorate che vanno dal giallo puro al color miele. È un materiale ornamentale di lusso, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, utilizzato fin dall’epoca romana in edifici storici e chiese e ancora oggi richiesto per le decorazioni di interni esclusivi.

La sua origine geologica risale a circa 200 milioni di anni fa: è una roccia sedimentaria carbonatica formatasi in un ambiente marino Il Portoro è costituito da calcilutiti in parte dolomitizzate, da grigio scure fino a nere, con frequenti strutture nodulari e stilolitiche con macchie bianche e gialle e con la sporadica presenza di piccole impurità a composizione argillosa. Affiora esclusivamente nella parte occidentale del Golfo dei Poeti, in particolare sull’Isola del Tino, nella Palmaria, a Portovenere, al Muzzerone e a Le Grazie. Questo lo rende un materiale raro e di grande valore.

Il nome “Portoro” deriva dalla traduzione italiana del francese “Port de l’or”, probabilmente risalente all’epoca napoleonica. In origine era conosciuto come “mischio giallo e nero” e solo successivamente ha assunto la denominazione attuale legata alla sua località di estrazione.

La relazione del dottor Ballestracci

Nel corso della conferenza, il dottor Simone Ballestracci ha illustrato in dettaglio le caratteristiche petrografiche e storiche del Portoro, sottolineandone l’unicità rispetto ad altri marmi.

Oltre alla sua composizione, il relatore ha approfondito il ruolo del Portoro nella storia dell’architettura e dell’arte. Già nell’antica Luni veniva utilizzato per la pavimentazione di strade, durante gli scavi sono state ritrovate colonne monolitiche di Portoro, una delle quali oggi è conservata al Museo Lia. Anche nella villa romana di Varignano potrebbe esserci una base di torchio in Portoro, sebbene vi siano opinioni discordanti e sarebbero necessarie analisi più approfondite. Nel Rinascimento ha trovato impiego in chiese e palazzi di prestigio. Dal Seicento all’Ottocento si è diffuso in tutta Europa, impreziosendo edifici come la Reggia di Versailles e il Louvre. Lo troviamo anche nella Basilica di San Marco a Venezia sotto forma di piastrelle. Nel Novecento ha attraversato l’oceano, arrivando fino agli Stati Uniti, dove è stato utilizzato nel Ritz Hotel di New York e persino nella Camera dei Rappresentanti di Washington dove giurano i Presidenti americani. Anche nella Reggia di Montecarlo, sono presenti elementi in marmo Portoro, nel XIX secolo, la maestosa scalinata a ferro di cavallo nel Cortile d’onore è stata rinnovata, dotandola di gradini in marmo di Carrara e sfere in marmo Portoro per il corrimano. IL portoro non poteva mancare anche nel nostro territorio: lo troviamo nel Palazzo della Provincia e delle Poste nonché nella chiesa delle Grazie e a Portovenere nella chiesetta di San Pietro.

Nel Medioevo questa pietra non fu particolarmente apprezzata e venne probabilmente utilizzata solo localmente come materiale da costruzione. Infatti, lavorando su case della zona, si potrebbero trovare blocchi di Portoro reimpiegati. Fu solo nel tardo Rinascimento che Giovanni Morello e Domenico Casella si interessarono al Portoro, chiedendo al Senato di Genova le concessioni per scavare e cercare i marmi. Nel 1600 Morello ottenne dai monaci olivetani una concessione ventennale per sfruttare le cave della Palmaria, che all’epoca apparteneva ai monaci.

Nel 1864 Capellini censì 30 cave attive. Oggi esistono solo tre cave attive di Portoro nel mondo, tutte sulla costa spezzina. La produzione è limitata: si parla di 4.500 tonnellate all’anno, contro le 18.000 prodotte nel 1959. Il Portoro viene esportato negli Stati Uniti, negli Emirati Arabi e in Russia (prima della guerra). Oggi è utilizzato in boutique di lusso e negozi di alta moda, come Cartier a Parigi.

L’estrazione del Portoro

In origine, il Portoro veniva estratto a cielo aperto con metodi rudimentali: martelli, picconi e seghe di ferro senza denti, mosse a forza di braccia con corde di canapa. L’esplosivo veniva raramente utilizzato poiché la pietra è molto fragile. Con il tempo, si passò all’estrazione in galleria, lavorando a camere e pilastri per sostenere la roccia soprastante.

Una rivoluzione si ebbe con l’introduzione del filo elicoidale, un filo di ferro a doppia torsione lungo fino a 2.000 metri, che permetteva di velocizzare i tagli. Successivamente, si adottò il filo diamantato, che garantiva tagli più precisi e rapidi. Negli anni ’70 e ’80 si iniziarono a usare argani meccanici per ridurre i rischi di incidenti. Tuttavia, il lavoro in cava restava pericoloso: l’8 dicembre 1937, cinque cavatori persero la vita a causa del distacco della volta in una cava della Crocetta.

La vera svolta si ebbe con l’invenzione della “bicicletta” da parte di Luigi Madrigali, un macchinario che azionava il filo diamantato con velocità molto superiore rispetto ai metodi precedenti. Grazie a questa tecnologia e ai cuscini ad acqua per facilitare l’estrazione, la produzione aumentò notevolmente.

Valorizzazione del Portoro

Oggi il Portoro è una pietra ornamentale di grande pregio, utilizzata in contesti esclusivi come pavimentazioni e rivestimenti di lusso. Tuttavia, sarebbe importante riscoprirne il valore storico e culturale, non solo per il suo uso in epoca moderna, ma anche per onorare il lavoro delle generazioni passate di cavatori, che con fatica e sacrificio hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia del territorio.

Hiro Sculpture con una sua opera in marmo di Portoro

L’arte incontra la pietra: la mostra di Hiro Sculpture

Al termine della conferenza i presenti hanno raggiunto la torre capitolare dove un’originale esposizione artistica dello scultore Hiro Sculpture arricchisce ulteriormente la riscoperta del Portoro: le opere in mostra utilizzano proprio il marmo nero di Portovenere come base, mettendone in risalto la bellezza e il valore simbolico. Il Cantiere della Memoria delle Grazie così descrive l’artista: “…Hiro, nome d’arte di Andrea Lorenzon, per scoprire la storia e il valore di questa pietra preziosa, ha scelto il Muzzerone come suo laboratorio a cielo aperto. Pellegrino del mondo per sete di conoscenza e spiritualità, Hiro ha viaggiato tra Inghilterra, India, Messico e Spagna, fino a trovare nella Spezia la materia e l’ispirazione perfette per la sua arte. Veneto di origine, oggi è un graziotto d’adozione, legato indissolubilmente alle ultime cave di marmo portoro ancora attive, sui monti Muzzerone e Castellana. La sua passione nasce quasi per caso, quando, a Carrara, si imbatte in una scultura nera con venature dorate: un’elica scolpita nel marmo portoro. Da quel momento, l’interesse diventa un’ossessione creativa e una ricerca di senso, che lo porta a contattare la cava per poter lavorare un primo pezzo di scarto. Hiro si immerge nella lavorazione del portoro, scoprendo una sfida continua che riflette il percorso della vita stessa: “La profondità del nero, le striature dorate e la fragilità del materiale impongono concentrazione e disciplina, saldate al movente creativo che sento pulsare dentro di me…”

(Riproduzione riservata)

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